Filosofia

A volte non è il «dove» «come» o il «quando», ma semplicemente il «cosa» a fare la differenza: una mera, banalissima questione - cioè - di... contenuti!

Un'idea molto semplice

Beh, sicuramente non «ci vuole l'algebra» per capire la portata uno degli elementi fondativi della Laica Schola Cantorum di Alma Pisarum: il Repertorio.

Presso ogni rispettabile ensemble corale (come ovviamente di ogni altra formazione musicale), l'identità stessa è demandata in gran parte ai contenuti di cui si fa portatore, cioè alla scelta delle opere affastellate in Repertorio.

Operazione che però, in un coro SATB, non è affatto scontata ne' da prendere sottogamba: la costruzione polifonica a quattro voci, implica un lavoro - in particolar modo in un ambiente a bassa densità di musicisti e/o di ex o attuali professionisti/amatori evoluti, è sfibrante, lungo e senza "frutti al sole" nell'immediato.

Concepire un Repertorio per un coro, significa dunque e a maggior ragione che una qualsiasi altra formazione artistico-musicale, progettarne i passi più significativi, concerpirne anticipatamente le progressioni o, in altre parole, prevederne le mosse, al netto delle inevitabili variabili sul campo.

Punti di forza, punti di debolezza

Quando il Repertorio sia estremamente "originale", in ragione della presenza al suo interno di opere inedite e di arrangiamenti e/o adattamenti totalmente o parzialmente nuovi e, peraltro, concepiti dalla stessa persona, dallo stesso compositore, la potenza della "novità" è compensata da una difficoltà notevole: quella di non avere pietre di paragone.

Detti e/o aforismi quali «chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che lascia, e non sa quel che trova» (in questo caso anche opera del drammaturgo canavesano Giuseppe Giacosa, ben più noto per le sue collaborazioni con Giacomo Puccini) o espressioni come «attraversare le Colonne d'Ercole» ci danno la dimensione di quanto possa incombere l'ignoto sul nostro immaginario.

Ed è esattamente ciò che può accadere trovandosi di fronte la sfida dell'inedito, della strada mai percorsa: accettare cioè una sfida senza sapere esattamente quali possano essere i risultati prevedibili, in un senso o nell'altro.

Naturalmente si tratta di una sfida con cui il creativo - che sia un autore letterario, un poeta, un compositore, un pittore, uno scultore, un incisore, un fumettista, un drammaturgo, etc - è perfettamente abituato a convivere, un "demone" non da esorcizzare ma da ammaestrare e costringere nel proprio universo visionario.

Non per tutti gli altri però, ne' nella stessa misura ne' - plausibilmente, con lo stesso pathos e con una medesima meticolosa intensità: coinvolgere un collettivo in un "viaggio" di questo genere, significa imbarcarsi sulla Nave di Folli per solcare oceani sconosciuti, ma anche decidere di diventarne parte integrante.

Ed è probabilmente quello che è accaduto: un punto di debolezza si trasformato in un punto di forza: l'ebbrezza e l'emozione dell'inedito hanno prevalso sulle paure per l'ignoto.

«Tradizione innovativa» per tenere insieme tanti generi

Se prendiamo ad esempio due pièce del repertorio dell'Alma Pisarum Choir, la trascrizione per Coro SATB della Toccata in RE- "Dorica" BWV538 e la rivisitazione di Sinfonia N. 3 in Do Minore operate dallo stesso Alessio Niccolai, ci si può rendere conto di come un'opera classica e/o liturgica possa vestire un nuovo abito ed essere re-immessa nel flusso rappresentativo-musicale attraverso un'operazione di svecchiamento, attualizzazione e - in definitiva - popolarizzazione.

L'dea quindi è dare alla luce un nuovo stilema corale che è frutto di una composizione "incarnata", ovvero figlia di un'elaborazione e/o rielaborazione pensata appositamente per le caratteristiche di "questo" coro, tenendo cioè presente i difetti ed i pregi di ciascun suo corista e dell'insieme.

"Abito sartoriale" dunque? In verità no: la sfida verso nuovi orizzonti continua sempre e immancabilmente, perché dall'errore e dalla sua correzione nascono nuove consapevolezze, nuove ambizioni, nuovi obiettivi, facendo di volta in volta alzare l'asticella.

Così cresce un coro di semplici "intonati": rimodulando i pezzi già in repertorio e inserendone di nuovi; ma sempre mantenendo la logica della «tradizione innovativa» tipica del teatro musicale italiano.