Laica Schola Cantorum

La Laica Schola Cantorum: il modo più antico e consolidato per imparare a cantare e per farlo a 4 voci: collettivamente - condividendo cioè esperienze, emozioni e conoscenze - in una cornice di Repertorio moderna, innovativa e divertente, con obiettivi non liturgici, ovvero teatrali, di promozione territoriale e di incontro con popoli e culture “altre”.

Nelle antiche basiliche cristiane, lo spazio antistante all’altare, riservato ai cantori e delimitato da un recinto di pianta quadrangolare in muratura, con lastre di marmo variamente decorate dette plutei o transenne; ha in genere sui due lati longitudinali due specie di balconi rialzati (detti amboni), accessibili mediante brevi scale. Con lo stesso nome si indica anche la scuola di canto e il coro di una chiesa, la cui fondazione, fatta risalire a San Gregorio Magno, ebbe un ruolo decisivo per la diffusione del canto gregoriano.

1La Schola Cantorum tradizionale

Relaziona correttamente l'Enciclopedia Treccani che «sin dall'origine della liturgia romana si trovavano raccolti in apposito recinto detto schola cantorum i salmisti, o cantori, coloro cioè i quali intonavano la prima parte dei salmi cui seguiva poi il canto dei fedeli».

Dunque, la primissima definizione di Schola Cantorum si riferisce evidentemente ad un luogo fisico e non ad un'accademia vera e propria.

Continua quindi spiegando che «il recinto si trovava collocato sull'estremità della navata principale in prossimità, o a contatto, del santuario col quale poteva comunicare mediante una porta detta “santa”. Il recinto era spesso sopraelevato rispetto al piano della navata, sempre, poi, circondato di chiusure o balaustre (plutei), di legno, di metallo o da veri muretti o da pilastrini fra cui erano interposte lastre di marmo scolpite con ornamenti simbolici o decorativi, alle volte anche musivi».

La descrizione è già sufficiente quindi per evincere quanto lo scenario possa essere affine ad un vero e proprio palcoscenico: il fatto di essere un “recinto” e di essere “sopraelevato”, definisce uno spazio - quello adibito ai cantori - che, oltre ad essere collocato fisicamente dalla prospettiva del celebrante - anziché da quella del “popolo” - ed essere peraltro delimitato da ostacoli concreti (come i plutei) o psicologici.

Naturalmente, l'evoluzione della schola cantorum si muoverà in diverse direzioni, fino a definire spazi dietro l'altare maggiore di una basilica o finanche di una semplice cappella di famiglia, spostando la fonte “celeste” dei suoni letteralmente dietro le quinte e creando un effetto di emissione musicale sospeso, misterioso e incombente.

Ma, prosegue la Treccani, «oltre al significato di spazio destinato ai cantori, per schola cantorum si deve intendere anche il gruppo dei cantori stessi, generalmente fanciulli dotati di belle voci».

Dunque la schola cantorum si fa odonimo - diventando nome proprio accompagnato dalla specifica dell'abbazia, badia, basilica, cappella, cattedrale, duomo, monastero o certosa in cui è fisicamente ubicata - per identificare il coro - in genere di voci bianche - che vi si raduna.

Quindi, per ricostruire il contesto storico delle origini della schola cantorum come ensemble vocale, spiega che «il canto, che fu parte integrante degli uffici liturgici fino dai tempi apostolici, dalla sua severità primitiva a poco a poco trascese in forme più libere degenerando in cori molli e melodie arbitrarie, sicché San Gregorio Magno pensò di regolarne lo sviluppo e di riportare il canto ecclesiastico alle sue forme severe e liturgiche, fondando a tal uopo in Roma una scuola che dotò generosamente con terre e con due case, l'una presso il Vaticano e l'altra presso il Laterano, fatte costruire appositamente».

Ii sito La Sacra Musica determina che «l’invenzione della schola cantorum veniva attribuita a Gregorio Magno, cui era riferita un po’ tutta la rinnovazione musicale altomedievale» benché «così come per il gregoriano, anche per essa l’attribuzione [doveva essere] probabilmente leggendaria, [anche se] non di molto successiva».

Aggiunge poi che è reperibile «il primo riferimento certo a un corpo organizzato di cantori a Roma nella biografia di papa Sergio I (687-701), di cui si dice che per la sua educazione fu assegnato al priori cantorum» e che «in quegli anni furono infatti attuate diverse riforme liturgiche [rendendo così] plausibile che siano stati fatti provvedimenti per un coro permanente di cantori papali».

Riprende invece la Treccani raccontando che, presumibilmente: «il reclutamento dei cantori [doveva avvenire] fra i fanciulli delle scuole che avevano speciale disposizione per il canto», che «dapprima semplici alunni, venivano poi nominati cubiculari della Camera Pontificia», che «coloro poi fra essi che se ne mostravano particolarmente degni e meritevoli, erano ammessi agli ordini minori [potendo assumere] assumere fino al suddiaconato», che «i cantori della scuola dipendevano da quattro suddiaconi parafonisti» ovvero il primicerius, il secundicerius, il tertius e il quartus e che «il primicerio [avrebbe potuto essere considerato] il vero direttore del coro e dell’insegnamento».

Se ne ricava un’immagine organizzativa molto particolare, specie se correlata alla leggenda - di probabile epoca carolingia - secondo cui Gregorio Magno avrebbe dettato i canti del suo celeberrimo Antiphonarium ad un monaco mantenendosi sempre rigorosamente nascosto dietro un tendaggio e prendendosi pause fra una parola e l’altra tanto generose che l’amanuense ad un certo punto - stupito delle continue interruzioni - avrebbe alla fine sollevato divisorio per constatare che una colomba suggerisse le melodie all’orecchio del pontefice.

2Possibili similitudini
3Dalla Schola Cantorum alla Laica Schola Cantorum
4Imparare tutto o imparare ciò che serve?
5In conclusione...