Strumenti

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I sette strumenti del coro

Sette sono gli strumenti utilizzati dall'Alma Pisarum Choir, di cui tre "materiali" e quattro "immateriali", ma tutti ugualmente importanti e - tendenzialmente - irriinunciabili: quaderno, audiofiles, parti, apertura [mentale], curiosità, puntualità e continuità.

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Quaderno

Il quaderno in un coro è un pezzo pregiato: un oggetto che - nella maggior parte delle situazioni - si comporta come una sorta di placebo per il malato immaginario: è l'ancora di salvezza del cantore in performance, la fortificazione dietro cui trincerarsi sul palcoscenico.

Ma a onor del vero, in performance esso costituisce anche una componente della livrea del corista, dovendo pertanto uniformarsi a tutti gli altri.

In prova invece è un'ausilio notevole da ogni punto di vista poiché racchiude il repertorio e - in generale - mette funzionalmente in correlazione il corista con tutti gli altri, rappresentando una delle possibili modalità di oggettivazione della partecipazione.

Audiofiles

Per l'Alma Pisarum Choir è essenziale che ogni cantore disponga dello strumento di più semplice utilizzo: un banalissimo MP3 contenente la base audio e la voce che dovrà imparare.

In genere si tratta di "prodotti" editati secondo una logica ferrea dal punto di vista dell'intonazione, ma con qualche artificio (come la voce maschile trasportata alle ottave femminili): la cosa essenziale è quella di poter apprendere in autonomia la melodia di ogni pezzo in repertorio.

Per poterlo fare, sono a disposizione quindi: 1) la registrazione vocale relativa alla propria voce per l'apprendimento congiunto di melodia e testo, 2) di solito quella con un synth (sempre lo stesso nel tempo) al posto della voce - come potrebbe succedere nel karaoke - per l'approfondimento della conoscenza melodica e 3) la base senza voce (o, eventualmente con altre voci di coro e/o soliste) per l'auto-verifica dell'apprendimento.

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Parti

Le parti in Alma Pisarum Choir, sono letteralmente ciò che da una parte ci si può aspettare: pentagrammi relativi solo ed esclusivamente alla propria voce, con il testo a corredo e/o l'eventuale «corsivo» per la pronuncia.

Come abbiamo altrove affermato, la lettura del pentagramma non è richiesta ai nostri cantori: ma la teoria dei «pallini che vanno su e giù» non è mai dispiaciuta a nessuno ed è sempre stata di grande aiuto anche ai meno formati in fatto di lettura musicale.

Si tratta in ogni caso di uno strumento che - nella sua complessità - riesce a fornire preziose informazioni anche a chi non lo sappia decifrare del tutto o in parte: come minimo dà la dimensione di un allineamento fra un testo ed altri eventi con una cadenza ritmica regolare.

Apertura

Quando si parla di «apertura» si intende ovviamente quella mentale; si tratta forse dello strumento più importante a disposizione dell'Alma Pisarum Choir, non è "merce" reperibile sullo scaffale di un supermercato e non bisogna affannarsi per trovarne in giro per il mondo: da qualche parte dentro di noi si trova se le si permette di uscire fuori.

Già, proprio come la voce: il canto nasce nella parte più recondita del nostro corpo, al riparo da occhi indiscreti, in quella stessa intimità in cui hanno origine tutti i movimenti pulsionali. Non è semplice permettergli di trovare una via e - peggio ancora - la giusta via per uscire dall'«in sé» in cui si trova e non è detto che succeda.

Esattamente come l'apertura mentale, che forse trova la sua origine proprio come il canto: nelle viscere, negli anfratti più intimi del nostro io; ecco: riuscire nell'intento di "aprirsi" corrisponde allegoricamente al cantare. Ed è per questo che l'una cosa serve l'altra irrinunciabilmente.

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Curiosità

L'essere umano oggidì è talmente intento a cercare risposte da aver smesso quasi del tutto di farsi domande, dimentico che la curiosità è il motore di ogni cosa, dalla crescita infantile alle scoperte geografiche, dall'ultima invenzione alla voglia di conoscere altri popoli e culture.

Cantare in coro significa tornare ad essere curiosi, a "voler curiosare" - prima di tutto - dentro sé stessi perché - come recita l'iscrizione sul Tempio di Delfo «conosci te stesso» (in greco antico γνῶθι σαυτόν, "gnōthi sautón", o anche γνῶθι σεαυτόν, "gnōthi seautón") o la corrispondente locuzione latina «nosce te ipsum» - niente quanto il canto favorisce questa competenza di sé.

Ma è anche curiosare nell'"orto del vicino" perché il vicino è lì apposta per condividere ciò che sa e farsi imitare, sicuro che i pomodori e le melanzane si replicheranno ma verranno sempre differenti, seppur non meno buone.

Re-imparare a farsi domande diunque - e non a darsi troppe risposte - è lo spirito del curioso: cioè la disposizione d'animo giusta per cantare. Speci in coro.

Puntualità

Non siamo fanatici della puntualità, ci mancherebbe altro: cantare in coro è una cosa bellissima e non dev'essere stressante, non deve ricordare il timbro mattutino del cartellino lavorativo.

Ma qui la puntualità deve essere una scelta coerente e necessaria del corista, una forma di rispetto per il collettivo e per ciascuna sua parte: perché il suo ritardo equivale a una sua mancanza, a una parte del tutto che viene temporaneamente meno e che - nella logica dei Numeri Triangolari - indebolisce il tutto, poiché il tutto è molto più delle parti di cui è composto.

Ma c'è molto di più: il nucleo costitutivo dell'"hic-et-nunc" della Laica Schola Cantorum è rappresentato dall'apprendimento di tipo non accademico cui si va a preferire la formazione mirata, la costruzione di un "prodotto artistico" destinato all'esposizione in un ambito piuttosto che in un altro, finalizzato cioè al palcoscenico e non alla costituzione di un iter scolastico vero e proprio.

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Continuità

A esser sinceri, non ci riteniamo fanatici neanche della continuità: perché ovviamente il coro deve essere opportunità sociale e avere un atteggiamento troppo "stringente" finirebbe per pregiudicarla a una moltitudine di categorie (ad esempio chi si trova - come nei casi delle professioni sanitarie - a dover lavorare su turni diversi).

Ciò nondimeno è necessario che - compatibilmente con le proprie possibilità reali - ciascun corista si deve impegnare con sé stesso per garantire tutta la continuità che gli è possibile, perché da essa prende spunto la concertazione più efficace.

È dunque essenziale affrontare con coscienza e responsabilità l'impegno, partendo dal presupposto che per qualcuno "continuità" potrebbe significare una presenza discretamente discontinua e, pur tuttavia, ugualmente efficace e non meno utile.

A fare la differenza è comunque lo studio in autonomia con gli strumenti concreti messi a disposizione e la capacità di sentirsi parte del progetto pur senza poterlo frequentare tanto assiduamente.