Coroterapia

La musique. Serait-elle un fluide mystérieux doué d’ubiquité ou un philtre magique que l’ouïe absorbe pour la dispenser dans toutes les cellules et nous apporter l’évasion.

Anne Bernard

La musica. Sarebbe un fluido misterioso dotato di ubiquità o un filtro magico che l'udito assorbe per distribuirlo in tutte le cellule e restituirci all'evasione.

Anne Bernard

La coralità è «terapia» poiché - non meno del teatro da cui anticamente prese spunto - tende alla  κάθαρσις (translitterato kátharsis e tradotto «catarsi») è innanzitutto «purificazione», intesa sia in senso religioso e mistico (nell’imminenza cioè di un evento rituale), sia in senso medico.

Nella tradizione ippocratica il vocabolo vale letteralmente «purgazione», ovvero effetto dell’assunzione di un purgativo, conseguenza del processo di purificazione dell’organismo da scorie inutili o dannose. In agricoltura, è riferito alla coltivazione di piante da frutto, col significato di “potatura”, che nondimeno implica l’eliminazione di elementi improduttivi e in eccesso
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Si è in genere concordi nel ritenere che il fenomeno della catarsi nell'ambito teatrale, in qualsiasi modo si sostanzi, sia il risultato di un’esperienza tramite cui lo spettatore è alleviato da un carico emozionale potenzialmente nocivo.

Benché sia decisamente controverso stabilire una relazione tra le emozioni "alleviate" nello spettatore e quelle rappresentate dai personaggi - determinare cioè vi siano sostanziali equivalenze - è luogo comune considerare la catarsi un'esperienza emozionale diretta - discendente dalla mediazione rappresentativa - in un rapporto più verosimilmente di affinità che di identità.

Ricorrendo peraltro - il vocabolo catarsi - in contesti in cui assume il significato di “purificazione” o “purgazione”, c'è controversia sulla natura quantitativa - oltreché tipologica - dell’«alleviamento», ovvero se costituisca una totale eliminazione di emozioni nocive o inutili, o una rimozione dell'eccesso.

Ripercorrere la storia delle implicazioni emozionali del cantare in coro (e/o dell'assistere a una rappresentazione in cui è coinvolto il coro) è cosa alquanto difficile: dell'epoca d'oro della tragedia ateniese - intorno al V secolo a.C. - è assai improbabile recuperare testimonianze di qualsiasi genere, se già è assai difficile reperire frammenti musicali risalenti a quell'epoca, mentre di tutto il successivo percorso iniziato - nell'ambito della cristianità - con Gregorio Magno è forse ancora meno probabile individuare il benché minimo resoconto.

E tuttavia se questo meraviglioso comparto dell'arte e dello spettacolo non ha mai conosciuto crisi nella storia - se non forse oggidì, in virtù di un legame troppo monolitico con l'«accademia» musicale e, ancora, il mondo ecclesiastico, in un'era in cui imperversano gli outsider dell'industria dell'intrattenimento - viene naturale immaginarsi che lo spettatore continui a esserne indotto in catarsi, benché forse in forme e modalità differenti dal passato.

Ed è da ritenersi pure che anche per il cantore quell'opera di purificazione che - senza la minima ombra di dubbio non può essere mai venuta meno nel corso di tanti e tanti secoli - il groviglio di emozioni prodotto dal cantare in coro, dal sentirsi parte di un collettivo, dall'essere una «parte del tutto» in un regime in cui «il tutto è molto più delle parti che lo compongono» deve continuare ad avvincerlo.

I cantori dell'Alma Pisarum Choir sono persone estremamente felici di far parte dell'organico, del clima che vi si respira, delle relazioni che vi si creano e dello spirito con cui vi si fanno le cose.

Il fervore del «trovarsi per cantare» insieme, è sottoposto ad un costante fattore incrementale - di prova in prova, di performance in performance - per ragioni molteplici già facilmente individuabili negli obiettivi stessi del Social Choir e della Laica Schola Cantorum: il fattore umano è in ogni caso ragionevolmente centrale in tutto il processo, poiché l'alchimia emotiva, pulsionale e relazionale su cui si fonda il «gruppo» sembra aver cementato consuetudini molto positive.

La «catarsi del corista» è in ogni caso una parte essenziale del ragionamento: i cantori dell'Alma Pisarum Choir non sono imbalsamati, non si relazionano alla direzione secondo canoni particolarmente formali e la dimensione briosa e sfaccettata del gioco sembra dominare la scena.

L'impegno dell'organico tutto starà nel custdire gelosamente questo straordinario tesoro, questo patrimonio emotivo maturato - non senza fatica - tra i suoi componenti: prove e performance, non meno di ogni altra occasione sociale di Alma Pisarum, sono e saranno momenti di felicità per chiunque si disponga a viverli, con animo partecipe e disposizione passionale e affettiva al canto collettivo.