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L'ingrediente principale della ricetta per l'ingaggio di un coro polifonico, è... il buon senso! La migliore garanzia artistico-funzionale per la coralità è senz'altro il cospiquo numero di cantori: tutto il resto viene di conseguenza. A partire dalla disposizione semicircolare e a lisca di pesce come sopra illustrato, nella migliore delle ipotesi (quasi sempre remota!) in combinazione con un apposito sistema di pedane.

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Il numero dei coristi

Che noi ne sappiamo, non esiste un software e/o un algoritmo per fissare un rapporto corretto tra spazi a disposizione e numero di coristi con cui riempirli, ma una cosa è certa: onde rendere efficacemente funzionali le quattro sezioni (Soprani, Contralti, Tenori e Bassi) del coro, bisogna quindi procedere ad un bilanciamento che segua lo schema incrementale procedendo dal registro grave verso quello acuto.

Rimanendo in una dimensione sinfonica, il minimo sindacale che si possa chiedere a un coro e - nello specifico - all’APC per le sue peculiari caratteristiche vocali, è quello di 3 Bassi, 4 Tenori, 5 Contralti e 6 Soprani (3B4T5A6S), per un totale di 18 cantori.

Tenendo conto che la migliore disposizione di un coro è quella classica riportata in Figura 1 con tutte le sue possibili varianti (ad esempio la suddivisione su più di 2 file, efficace però solo se la dislocazione avviene su una scalinata - possibilmente ma non necessariamente - semicircolare), in genere accomunate da una triangolarità isoscele avente per vertice la postazione del Direttore, nell’identificazione degli spazi da adibire alla performance bisognerà considerare quindi una serie di variabili che hanno a che vedere con la sonorità da ottenere, con la sicurezza dei cantori e del pubblico, con le disposizioni Covid e con altre variabili.

Un Palcoscenico e/o un’area adibita a tale funzione di dimensioni 12 x 10 mt può riuscire - ad esempio - ad accogliere un organico tipo 3B4T5A6S e, con qualche sforzo, anche uno un po’ più generoso.

All’aperto o al chiuso?

La scelta di una location è quasi sempre condizionata dalla stagionalità e nel corso della stagione autunnale avanzata, invernale e/o primaverile precoce, le probabilità di poter dare luogo ad un qualsivoglia evento all’esterno, è estremamente ridotta.

Un concerto o un’altra manifestazione nella quale sia ponderato l’impiego di una formazione vocale come un coro, deve presupporre spazi scenici generosi a prescindere, in special modo se in ambienti chiusi e, a maggior ragione, in era Covid perché la ricchezza sonora e la varietà di colori vocali è proporzionale - secondo la progressione dei numeri triangolari - al numero dei cantori.

Ma la scelta fra location all’aperto o al chiuso ha generalmente conseguenze e criticità differenti: la soluzione esterna è più favorevole da una serie di punti vista (non ultimo quello della sicurezza Covid), a detrimento però dell’acustica ambientale che di norma è meno facile da gestire e non è insolita a richiedere l’ausilio di una «blanda» amplificazione; la soluzione interna invece è tipicamente più adatta dal punto di vista della spazialità del suono e della resa sonora nel suo complesso (in special modo in ambienti come teatri o sale di dimensioni importanti e, in particolare, se caratterizzate da un’altezza dei soffitti non inferiore agli 8 mt, similmente all’habitat in cui la coralità nel corso dei secoli si è sviluppata - quello liturgico -, ovvero quello degli edifici religiosi).

Naturalmente questo prospetto è indicativo e tipico, ma non è detto che si adatti a tutte le location: esistono imprevedibili spazi scenici all’aperto la cui acustica naturale è straordinaria e altri al chiuso estremamente soffocanti in fatto di sonorità.

Si tenga presente però che gli ambienti ecclesiastici hanno trovato nei propri catini absidali il miglior sistema di raccolta, amalgama, spazializzazione e diffusione delle voci in ragione della peculiare capacità delle superfici circolari di riflettere i suoni, ed è ovvio che, tante più sono le caratteristiche con essi la location condivide, tanto migliori possono essere i risultati ottenuti.

Sappiamo purtroppo che, aldilà appunto di teatri o altri edifici con funzioni specialistiche simili come - ad esempio - certi appositi auditorium, difficilmente le architetture degli ambienti pubblici adottano oggi soluzioni così impegnative come quelle circolari, a volta e/o arcuate: tuttavia ad ogni problema posto da una particolare location sicuramente può essere trovata la giusta soluzione.

Essenziale è che il management dell’APC possa effettuare un sopralluogo con congruo anticipo e individuarne una adeguata: innanzitutto per questo non si può improvvisare la partecipazione del coro e sottovalutarne le implicazioni.

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Palcoscenico o spazio scenico

Benché non esista un algoritmo per calcolare esattamente quanto debba essere estesa la superficie di uno spazio scenico in base al numero dei cantori, va da sé che la location ne condizioni la dimensione, la delimitazione (dove necessaria) e l’allestimento, in maniera imprescindibile: all’aperto ad esempio, una pur leggera brezza che muova in direzione contraria all’asse palcoscenico-pubblico può sensibilmente ridurre la resa sonora, in un ambiente che peraltro - in assenza di una superficie posteriore in grado di riflettere i suoni, come certi tipi di fondale - amalgama poco e male i suoni rendendo la sensazione di ascolto molto “asciutta”, non spazializzata a dovere, tendente alla dispersione e - oltretutto - assai depotenziata rispetto ad un interno.

In casi del genere, a seconda della capienza della sala - che sia circoscritta o meno - e quindi del numero di spettatori che ci si può attendere, è necessario aumentare il numero dei cantori maniera anche significativa: per farsi un’idea, ma tenendo conto di una buona quantità di variabili abbastanza imprevedibili, se in un ambiente acusticamente ideale - come ad esempio una basilica romanica con tre navate, un’abside generosa, il rispettivo coro, il transetto, la cupola e magari anche divisa in campate sormontate da volte a crociera - un organico come il suddetto 3B4T5A6S può risultare estremamente sonoro, armonioso e amalgamato, raddoppiare i cantori all’esterno potrebbe non bastare o non essere la soluzione adeguata.

Appare immediatamente chiaro però quali implicazioni - specie in era Covid - possa determinare il raddoppio o la triplicazione dei cantori in termini di dimensione dello spazio scenico: ancora una volta dunque la soluzione può essere costruita solo a partire dal sopralluogo e, non fosse ancora sufficientemente chiaro, dal suo svolgimento in tempi decisamente anteriori l’esibizione, previa qualche eventuale prova empirica sul campo.

La Sala

La sala è il luogo deputato ad ospitare il pubblico o, in altre parole, il motivo stesso per cui l’evento avrà luogo: quali numeri realizzare è un’aspettativa dipendente solo ed esclusivamente da opportuni calcoli attinenti l’impianto stesso dell’evento e dei suoi organizzatori.

I cori hanno una capacità congenita di convogliare spettatori a partire dai propri generosi numeri e a prescindere dall’effettivo prestigio di cui sono portatori: le punte massime si possono raggiungere con le formazioni di Voci Bianche i quali - di media - non recano mai meno di 3/4 spettatori a cantore, tra genitori, nonni, zii e amichetti, ma non è insolito che - anche un coro disomogeneo per età come l’APC - possa mobilitarne almeno 2/3 che, al netto di un organico come il suddetto 3B4T5A6S significano dalle 36 alle 54 persone.

La sala - ovunque performi un coro - è generalmente dotata di posti a sedere perché la sua attività modula dal concerto - che sia ospite protagonista, comprimario odi accompagnamento - allo spettacolo teatrale complesso: la sua esecuzione è maggiormente godibile per un pubblico seduto, fatto salvo che essa non consista in un flash mob a cappella in qualche location non deputata agli spettacoli musicali.

Ciò detto, le scelte concernenti la sala sono totale appannaggio dell’EVO poiché ne definiscono la strategia complessiva, ne determinano le eventuali entrate e poiché della sua sicurezza e/o, più nello specifico, della gestione delle problematiche relative al Covid, sono totalmente responsabili.

Ciò nondimeno, l’EVO è tenuto a informare l’APC e in particolare “Alma Pisarum APS” (d’ora in avanti «AP») suo “contenitore”, degli indirizzi strategici perseguiti e degli obiettivi da conseguire, per diversi ordini di ragioni: in primo luogo perché l’organizzazione è un Ente del Terzo Settore (d’ora in avanti «ETS») - dunque di tipo non profit - e pertanto incline ad assecondare prima finalità affini - e/o comunque compatibili con i propri obiettivi statutari - che altri orientamenti; in secondo luogo perché - proprio per tale motivo - potrebbe essere interessata a diventare partner laddove esistessero gli estremi per una condivisione tematica; in terzo luogo infine, perché comunque le modalità di accesso degli spettatori (ad esempio gratuitamente o a pagamento) possono avere implicazioni differenti.

Determinante poi è che l’EVO manifesti all’APC le proprie aspettative rispetto ai numeri del pubblico, sia per progettare una strategia acustica adeguata, sia per elaborarne tutte le parti costitutive in modo efficace.

Ad ogni buon conto e come criterio generale, la sala deve essere rigorosamente separata e distanziata dallo spazio scenico, pressappoco secondo la suddivisione di un edificio religioso in cui la cantoria - parte posteriore o laterale del presbiterio e in posizione sopraelevata rispetto al - è separata dalle aree adibite al popolo attraverso un limite fisico come il pluteo.

Ancora una volta e a maggior ragione, divengono essenziali il sopralluogo ed il preavviso.

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L'Allestimento

L’allestimento dello Spazio Scenico e della Sala sono naturalmente condizionati da un miriade di variabili, ma alcuni punti fermi possono sicuramente essere messi:

    1. di norma il Pubblico di una performance corale assiste seduto, a prescindere dalla capacità della formazione di trasportarlo in evoluzioni meno stanziali: il che - per l’EVO - corrisponde ad allestire la Sala con sedie;
    2. è consuetudine disporre sulle sedie un programma stampato dell’evento, specie nel caso in cui si tratti di un concerto in piena regola; l’iniziativa di solito garantisce una visibilità capillare agli eventuali Partner dell’iniziativa ed espone correttamente tutti il nomadi tutti gli artisti presenti, nonché altre figure coinvolte nella performance e/o nella sua organizzazione;
    3. in caso di esibizione all’aperto, è opportuno delimitare il retro dello spazio scenico con una superficie riflettente (ad esempio un fondale) tendenzialmente arcuata a produrre concavità alle spalle del coro - emulando in qualche misura le funzioni di un’abside di un edificio religioso - con l’obiettivo, se non di amalgamare i suoni, di non disperderli;
    4. l’ideale per lo spazio scenico sarebbe una scalinata a sezione semicircolare a gradoni sufficientemente alti (almeno 50 cm) e larghi (almeno 70 cm) dotata di protezioni posteriore e laterali; in mancanza di una tale fortunata combinazione (il cosiddetto anfiteatro) che rappresenta il limite di tendenza verso cui orientarsi, la soluzione in piano (la più probabile e meno dispendiosa) deve essere sufficiente a ospitare tutti i coristi (in genere disposti a semicerchio ma secondo il modulo della “lisca di pesce”; in ogni caso lo spazio scenico - come minimo sindacale - deve essere rigorosamente separato dal pubblico, salvo diverse indicazioni, attraverso l’alzata del piano e/o una barriera fisica;
    5. a seconda della quantità di pubblico previsto in sala è inoltre essenziale ponderare l’amplificazione, specie se all’aperto dove è necessario - come minimo - raccogliere e amalgamare il suono, creargli profondità e, a seconda delle condizioni, amplificarlo entro certi limiti; ciò significa installare all’incirca un microfono panoramico ogni 1,5 m; l’impegno è tale da considerare la registrazione.