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Storia & Storie

Il progetto originario

Le acque del Serchio tornano a confluire in Arno…

È sotto gli occhi di tutti, anche se nascosto in un recondito anfratto della memoria: perché - come ebbe a sostenere Edgar Allan Poe - «[...] per nasconder la lettera il ministro era ricorso all’espediente più ingegnoso del mondo, che era di non tentar nemmeno di nasconderla».

La gloria e la potenza di Pisa, della nostra amata città, hanno espresso il loro massimo fulgore finché all’Auser fu dato pascere con le proprie acque irruenti e pure quelle del “placido Arnus”, parafrasando lo stesso Hymnus in Pisas di cui mi sono fregiato di redigere - oltre alla partitura per orchestra sinfonica, coro polifonico SATB, coro di voci bianche e tenore/soprano solisti - anche il testo musicale.

La purezza delle vette apuane e appenniniche, il bellicoso spirito degli apui-liguri eroso scorrendo la Garfagnana prima e l’indomita Lucca - eterna rivale e consorella - dopo, riversato nel fiume - caro agli alfei quanto agli etruschi - che dalla “notte dei tempi” volle Pisa divisa in due "Pisæ“ avanti di gettarsi fiero nel Mar Ligure formando il “Sinus Pisanus”, è da sempre il sigillo sulla prosperità dell’antica “Res Publica", in nome della condizione di “Colonia Julia Obsequens che ne fece una Roma rediviva, capace di tenere testa con i propri armi alle truppe di Cartagine, di imperversare per tutto il Mediterraneo, di non piegare la testa al papato o all’impero - benché parteggiando più apertamente per quest’ultimo -, di essere temuta e rispettata finanche dalla potente Serenissima e invidiata nei secoli da Firenze.

Partecipe di questa forma mentis e deciso a restituirle in qualche modo un’attualità, ho avuto l’ardire di liberare la mia creatività artistico-musicale immettendomi in questo antico flusso - io, cittadino ad un tempo della Piana di Pisa e della Bassa Valle del Serchio - come se ancora la dovizia acquea potesse dar luogo ai tre rami occidentali - Auserclus, Tubra e Auxari - e all’unico ramo orientale al Monte Pisano dell’Auser, come se ancora il crocevia di Via San Ranierino con la Via Contessa Matilde, costituisse ancora l’affaccio del primo quartiere di Pisa - “Ponte”, oggi “Santa Maria” e in origine castrum romano - sull’Auser.

Partendo dunque da questa consapevolezza e deciso a restituire a Pisa una significativa parte della sua memoria e della sua percezione di sé, ho scritto l’Hymnus in Pisas, inquieto e travolgente come l’impetuoso defluire del fiume sulle cui rive - quelle del Serchio - ho trascorso quarantatré felici anni della mia vita, imperioso e trionfale come l’Arno nei pressi del quale il 5 maggio del 1972 trovai la mia prima la luce.

Perché l’“Hymnus in Pisas”

Dall'estate 2014 ho iniziato a frequentare stabilmente l'ambiente del Festival Pucciniano di Torre del Lago (LU) e - in seguito - della Cappella Musicale “Santa Cecilia” e del Coro “Il Baluardo” di Lucca in ragione della partecipazione da parte dei miei due figli più piccoli ai rispettivi cori delle voci bianche.

In questo ambiente, oltre ad aver ritrovato una moltitudine di vecchi amici, ho potuto incontrarmi per la prima volta con un buon numero di nuove straordinarie persone, di conoscere più a fondo il mondo del teatro e di fare la mia personale conoscenza con l’opera intramontabile di Giacomo Puccini, completando una visione creativa ed artistica in modo dirompente ed innovativo.

Notevole rilievo nella mia personale crescita artistica – a partire dai suddetti ambienti - hanno avuto in particolare tre persone: Sara Matteucci - direttrice e responsabile del coro delle voci bianche della Cappella Musicale “Santa Cecilia”, di quello del Festival Pucciniano e ancora, e maestro-preparatore di quello del Maggio Fiorentino, insegnante di Esercitazioni Corali presso l'Istituto Superiore di Studi Musicali “L. Boccherini” di Lucca -, Elio Antichi - direttore del Coro “Il Baluardo" e del Coro del Sole e events organizer - e Gianfranco Cosmi - direttore della Polifonica “Città di Viareggio”, concertista e compositore.

L'interazione con questi valenti musicisti, non è stata di carattere eminentemente artistico ma un positivo ed amichevole rapporto interpersonale che ha portato la mia curiosità ad osservarne attentamente azioni e percorsi, alla stregua di un silenzioso ed involontario alunno presso un inconsapevole educatore, avendo interpretato e interpretando ciascuno – con il proprio carattere, con le proprie competenze e con la propria sconfinata passione – la vivacità culturale lucchese, che trasuda un po' in ogni dove, dal brulicante centro cittadino - raccolto dentro le sue mura cinquecentenarie e intorno al Liceo Musicale e Coreutica “A. Passaglia”, all’Istituto Superiore di Studi Musicali “L. Boccherini”, al Teatro del Giglio e alla Fondazione Puccini – fino ai teatrini di Media Valle.

Se tre persone – unitamente a Andrea Colombini e alla Lucca Philarmonic Orchestra con gli exploit al Musikverein di Vienna ed all'ottimo Luca Bacci, direttore della Cappella Musicale “Santa Cecilia" – si possono dire degne di incarnare quello spirito artistico che è proprio di Lucca e che mi auguro - con la presente - poter restituire anche alla nostra città, quelle sono senz'altro le sopra menzionate e senza – per carità – voler togliere qualcosa o fare un torto a chissà quanti altri ottimi artisti - di mia conoscenza o meno - di là dal Monte Pisano.

C’è un amor proprio e un attaccamento al territorio nei rispettivi percorsi, che i pisani dovrebbero imparare a fare propri, revocando all'eterogenea popolazione universitaria la facoltà di decidere - di volta in volta - cosa sia e in cosa consista la pisanità, ma imprimendola per converso all'ateneo stesso che è parte integrante e non corpo estraneo della città.

In verità, la decisione di mettere in cantiere la composizione dell'Hymnus in Pisas, è maturata proprio riflettendo  intorno ad un'eccellente pièce corale di Gianfranco Cosmi, ordita appositamente per il cinquecentenario delle Mura di Lucca: l'Inno alle Mura.