Il coro SATB è sicuramente una palestra formativa del rapporto fra identità e alterità, ma per capirne qualcosa in più, è necessario considerarlo nella sua condizione ideale, quella cioè di un coro lirico di dimensioni significative, composto da cantori in grado di sviluppare la sonorità tipica del Belcanto.
E per poterlo fare molto più chiaramente, proveremo a utilizzare prima il parallelo con l’orchestra sinfonica, ensemble con cui un coro SATB condivide molti tratti essenziali, se non - molto frequentemente - gli stessi palcoscenici.
Anzi, la prima cosa da dire, sarà proprio che il coro SATB è un possibile organum (sezione) dell’orchestra sinfonica: quello vocale; si tratta di un settore inusuale, non costitutivo del grande ensemble strumentale classico, ma una sua possibile nobile estensione, almeno a partire da quel fatidico 7 maggio 1824 al Kärntnertortheater di Vienna, occasione in cui ebbe luogo la prima assoluta della Sinfonia n. 9 in re minore per soli, coro e orchestra op. 125 di L.V. Beethoven.
L’orchestra sinfonica ha per sua stessa natura un range - seppur sconfinatamente vasto - di combinazioni sonore, dinamiche, colori, gradienti, etc. circoscritto: i numeri che ne possiamo ricavare sono senz’altro notevoli.
Iniziamo con il mettere insieme un organico tipo: con la sigla 2222/4431/tmp perc (2)/ar pf/archi stiamo ad indicare ad esempio un ensemble costituito da 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti e 2 fagotti per quanto riguarda l’organum dei legni, 4 corni, 4 trombe, 3 tromboni, ed 1 tuba per quello degli ottoni, quindi timpani e percussioni generiche - per un totale di 3 diversi esecutori - per quello di percussioni, 1 arpa e 1 pianoforte, e violini I, violini II, viole, violoncelli e contrabbassi in proporzioni non particolarmente discoste da 16, 14, 12, 10 e 8.
Questo organico - uno tra quelli possibili che da esso possono discostarsi finanche di qualche decina di strumentisti - è composto da 85 unità tendenzialmente capaci di sprigionarne tutto l’intero potenziale, considerando che - di norma - esso è composto da ottimi professionisti, da allievi di grandi speranze o da da entrambi in forma ibrida, motivo per cui consideriamo la combinazione come ideale per la comprensione del ragionamento da affrontare.
La bellezza di 85 persone intente a suonare - con il proprio strumento, in uno stesso spazio e sotto la direzione di una medesima “bacchetta” - la stessa partitura, suscitano un potenziale di relazioni biunivoche i cui numeri sono di grandezze impressionanti: a cominciare da quello più comune, quello dei rapporti naturali tra ciascun individuo nel gruppo, determinati dalla successione dei Numeri Triangolari: ben 3.655 sono i possibili collegamenti individuali.
Consideriamo che ciascuno di questi 85 strumentisti possa - ad esempio - eseguire un limitato numero di dinamiche (ppp, pp, p, mp, mf, f, ff e fff) e che ciascuna in termini assoluti possa corrispondere (si tratta di una semplificazione che non ha un fondamento reale) ad una stessa emissione - misurabile in decibel - in termini assoluti, 228.480 sono le possibili combinazioni di intensità sonora che se ne possono ricavare (ovvero 3.655 x 64 combinazioni di azioni possibili).
Appare chiaro fin da subito in che genere di complessità numerica e in che ordine di grandezze ci possiamo infilare ragionando in questi termini (che non sono ancora abbastanza scivolosi come potrebbero diventare se iniziassimo a considerare che il range di emissione di un violino è totalmente diverso da quello di un flauto traverso, che a seconda dei materiali con cui ciascuno è stato costruito tale gamma può estendersi o restringersi, e che - tanto per citare qualche altra variabile - un pianoforte Bösendorfer a coda risponde diversamente da un mezzacoda dello stesso produttore o da un coda Steinway & Sons).
È anche e naturalmente per questo che 16 violini I possono essere sostenuti con ottima efficacia sonora da non più di 2 o 3 oboi, l’intero complesso da una sola muta di timpani, o la gamma più grave e “scura” da non più di 8 contrabbassi, 1 trombone [basso], 1 tuba e al limite (non è il caso del nostro esempio) 1 controfagotto.
Ma è in ogni caso per certune proprietà e/o caratteristiche omogenee e comuni (categorie, classi, ordini, livelli, generi, etc.) che all’interno del gruppo tendono a formarsi sottogruppi, manifesti o celati, stabili o transitori: appartengono ai primi le cosiddette sezioni d’orchestra (o appunto, «organa»), ovvero i legni, gli ottoni, le percussioni e gli archi, più una una “mista” in cui possono essere inseriti strumenti come il pianoforte, l’arpa, la celesta, l’organo a canne, etc., mentre ai secondi altre tipologie di ripartizioni durature (ad esempio l’insieme dei cordofoni, quello dei membranofoni, quello degli aerofoni, etc. o le varie gamme tra sovracuti, acuti, medio-alti, medi, medio-bassi, bassi e bassi profondi) o temporanee (come strumenti - appartenenti a diverse sezioni - che concorrano occasionalmente al contrappunto di una stessa melodia nell’ambito di una certa gamma).
Ora, va da sé che il livello “atomico” e basale delle connessioni individuali, cioè quello naturale o del tutto, entri in rapporto dialettico con i suoi sottoinsiemi i quali fra di loro continuano a relazionarsi secondo lo schema dei Numeri Triangolari a prescindere da quale criterio venga adottato per costituirli: le 5 sezioni dell’orchestra sinfonica vanteranno fra loro 10 collegamenti, quella dei Violini II al suo interno potrà contarne 105 fra i singoli strumentisti, e così via, sempre seguendo lo stesso suddetto algoritmo.
Banalmente, potremmo declinare l’idea di identità e alterità in un’orchestra sinfonica proprio sulla base del fatto che ogni singola sezione esegua una stessa parte in via tendenzialmente continuativa, ma anche che per un certo numero di battute - ad esempio - uno solo dei due flauti, e magari insieme ad altrettanti oboi e clarinetti, eseguano la stessa identica melodia che stanno suonando metà dei violini I: l’identità è rappresentata dall’essere fra quanti stiano eseguendo una stessa parte, l’alterità fra coloro che ne eseguono un’altra sempre e variabilmente in base alle decisioni prese dal compositore.
Teniamo presente un fatto non trascurabile: il sistema triangolare di connessione e di relazione biunivoca tra ciascuna delle parti costitutive del tutto (in questo caso del complesso sinfonico) intorno al quale si snodano alterità e identità, ammette anche silenzi (o tecnicamente pause) e non soltanto emissioni sonore: la cosa in sé non deve sfuggire, perché il meccanismo - come già accennato - è binario e presuppone che sia ascritto all’universo dell’altro tutto ciò che è diverso dal sé, senza necessità di stabilire se esista un’unica diversità o più di una.